In arrivo un processore ottico in grado di sfruttare i fotoni per ricavarne un’operazione quantistica.
I nuovi processori saranno in grado di sfruttare i diversi stati di un’unità di informazione: non più due elementi come nella logica binaria.
Chiaramente stiamo parlando di nuove piattaforme che saranno disponibili tra non meno di dieci anni. Attualmente i ricercatori coinvolti nel progetto sono stati in grado di mettere a punto un chip ottico.
I computer con queste caratteristiche saranno in grado di svolgere simulazioni o sistemi di cifratura.
A differenza dei computer tradizionali queste nuove piattaforme utilizzeranno il qubit e non il bit. Il qubit è l’elemento fondamentale di queste nuove architetture ed è in grado di assumere diversi stati, o informazioni.
Le potenzialità di questa nuova architettura sono enormi.
L’equipe di studio all’università di Bristol è riuscita a realizzare un chip basato su trasmissioni ottiche senza ricorre a tecniche criogeniche. In effetti, lo studio condotto a Bristol ha dimostrato la fattibilità di un chip a temperatura ambiente.
La tecnica si basa sul movimento dei fotoni: le particelle spostandosi compiono delle operazoni di trasformazioni.
Il lavoro ha dimostrato la sua applicabilità anche su un numero di fotoni variabili, aumentando il loro numero si incrementa la potenza di calcolo del processore a fotoni.
Il lavoro svolto dai ricercatori intende verificare la complessità dei processori di questo tipo incrementando il numero dei fotoni coinvolti e il movimento al fine di sfruttare le diverse interazioni di tipo quantistico nel processo di calcolo.
Le prospettive sono buone. Secondo il direttore del cento di fotonica quantistica dell’Università di Bristol, J. O’Brien, tra non più di dieci anni potremo vedere i primi processori basati su questa tecnologia.
I processori quantistici rappresentano la nuova frontiera della tecnologia poichè permettono di ottenere prestazioni eccezionali non ancora intuibili con consumi non certamente paragonabili con le architetture attuali.
Lo studio è stato pubblicato su Science.